Ieri quando ho visto le prime proiezioni non ci credevo. Il 14 per cento? Davvero? Non credevo che saremmo andati al ballottaggio (un po’ ci speravo), ma nemmeno mi aspettavo di avere un risultato così basso (il 15,6% finale). Pensavo partissimo dal 18 per cento… ma pazienza.
Pensandoci poi a mente fredda, non è andata così male. Ci sono lati positivi. E non pochi. Ero ottimista perché avevo visto davvero grande entusiasmo intorno a Nichi Vendola, moltissimi amici e conoscenti che non credevo elettori di Nichi mi hanno fatto sapere che lo avrebbero votato. Il suo comizio a Bologna è stato una grande emozione, e mi ha fatto sognare. Credo che tutta questa energia positiva sprigionata da questa campagna infatti non andrà perduta, e sono convinto che alle politiche SEL farà un balzo in avanti. Come ha detto Nichi, in più, abbiamo introdotto in questa campagna idee che erano necessarie: l’antiliberismo, l’attenzione ai diritti sul lavoro, piani a favore della ricerca e della scuola pubblica. “E’ stato il tempo della semina” ha detto Nichi, e sono d’accordo con lui (e trovo peraltro faccia metafore molto migliori di Bersani, ma tant’è).
Dall’altro lato, però, non si può non sottolineare che il risultato è stato deludente. Anche se abbiamo delle scusanti: la campagna è entrata nel vivo solo l’ultimo mese, data l’attesa della sentenza pendente su Vendola, e un clamore mediatico decisamente inferiore rispetto ai candidati principali del PD, Bersani e Renzi. Questi ultimi due erano sicuramente meglio vendibili a un pubblico ampio sulla stampa e sull’informazione: i loro due personaggi antagonisti (e facilmente vendibili), ovvero “il rottamatore” e “la vecchia guardia” hanno appassionato il dibattito politico italiano, e in fin dei conti, essendo entrambi del Partito Democratico, che è un partito molto più grande e radicato di Sinistra Ecologia e Libertà, hanno avuto anche mezzi finanziari enormi e un supporto logistico migliore. Chi con me ha fatto questa campagna sa bene le difficoltà di far parte di un piccolo partito dotato di scarse risorse; nonostante ciò, sono orgoglioso di come abbiamo portato avanti la campagna, davvero. E’ stata un’esperienza emozionante.
Ma ora è lecito chiedersi cosa verrà dopo. Siamo davanti a un ballottaggio che si preannuncia combattuto: Renzi ha a sorpresa vinto nelle regioni del Nord, mentre Bersani ha mantenuto un distacco dallo sfidante che gli permette di essere fiducioso (44% contro il 36% del sindaco di Firenze) e un voto in gran larga maggioritario al Sud. A questo punto i voti di Vendola (quasi 500000), diventano decisivi, e Nichi ha giustamente detto che si valuterà chi votare sulla base delle proposte che faranno. Credo che alla fine un voto pro-Bersani dei Vendoliani in funzione anti-Renzi garantirà al segretario del PD un’agile vittoria, ma non la si può dare per scontata, dato che il sindaco toscano ha mostrato di essere un valido avversario.
Penso che in ogni caso il voto per Renzi sia stato un voto in maggioranza di protesta, data l’avversione (giustificata) di molti elettori PD verso la classe dirigente del proprio partito, la quale negli ultimi vent’anni a parte le parentesi prodiane non ha saputo dare risposte adeguate alla voglia di cambiamento nel mentre Berlusconi instupidiva l’Italia a colpi di pubblicità, starlette e proclama televisivi. Il PDS, i DS e il PD non hanno mai saputo in questi anni dare un’alternativa sociale e culturale a quel mondo che Berlusconi impersonava e amplificava attraverso le sue televisioni. Può Bersani darla in questo momento storico, in cui l’Antiberlusconismo non ha più ragione d’esistere, data la totale decadenza della sua figura e del suo partito (e anche del suo lifting)? Può Renzi cambiare la sinistra e portarla alla vittoria, prendendo anche questi discussi voti del centrodestra?
Queste domande meritano diverse considerazioni. Ora il pensiero dominante non è più un’opposizione tremenda ed esacerbante su Berluconi e solo su di lui, ma è il giudizio positivo sul governo Monti. Il governo del Professore (il quale non ha mai mancato di sottolineare la continuità fra lui e la precedente legislatura) ha fatto politiche di destra, ma nonostante questo è stato universalmente acclamato dalla stampa di sinistra: certo veniva dopo Berlusconi, ed è figura di tutt’altro spessore. Ma quello che il suo governo ha fatto è stato togliere decenni di diritti conquistati attraverso lotte sindacali (l’articolo 18), riforme pensionistiche che hanno aggravato la situazione invece che migliorarla (vedi il pasticcio sugli esodati), e un aggravamento delle tasse. Noi di SEL proponiamo politiche diverse, e si è visto credo con grande chiarezza durante questa campagna, ma il Centrosinistra e i suoi protagonisti al ballottaggio, a questo proposito?
Pierluigi Bersani è un politico navigato ed è stato un ministro coraggioso in campo economico. Tra i componenti storici del suo partito è certamente il più presentabile. Ve la sareste vista Rosy Bindi alle primarie? Per carità, a me non dispiace, ma non ha certo l’eloquio del leader che trascina le masse. Bersani ci riesce un filino meglio, anche se per me non è certo un campione. Il segretario del PD è stato la guida del partito negli ultimi tre anni e durante la difficile transizione di quest’Inverno verso il governo tecnico. Come segretario è sempre stato indeciso nella definizione di linee guida: la dimostrazione è che ha firmato un patto d’Intenti con SEL ma ancora si parla di un’alleanza con Casini, e lo stesso leader del Partito Democratico non l’ha mai bocciata come ipotesi. Tra i suoi sostenitori vi è tutta l’ala sinistra del partito: i vari Fassina, Cofferati e Damiano, tutto l’establishment della classe storica del partito (che con una vittoria di Renzi finirebbe a gambe all’aria), ma anche la parte democristiana e montiana (Letta, Bindi, ecc. ecc.). Questo fa capire che il programma di Bersani è una vera incognita; il patto che ha firmato con SEL e il PSI (a proposito, l’utilità del partito Socialista nella coalizione me la spiegate?) vede un’agenda per il paese in parte diversa da quella di Monti, ma bisogna ricordarsi che il politico piacentino non ha nessun’intenzione di abolire la riforma Fornero, ad esempio. E questa è un’ipoteca enorme su un futuro governo della coalizione coi partiti sopracitati. Da un altro lato, moltissimi elettori sono stanchi di vedere le stesse facce a capo del partito che hanno sempre votato, e non li si può biasimare dati i risultati degli ultimi vent’anni.
E qui arriviamo a Renzi. Io sono convinto che il voto in suo favore, a maggior ragione nelle regioni del Nord, sia stato un voto di protesta per le ragioni che ho scritto qualche riga più in su. Diversi elettori di Renzi mi hanno confidato di aver votato il rampante Sindaco fiorentino per voglia di facce nuove, e per vincere. Ma può davvero farcela alle politiche? Io personalmente non ci credo. Ha conquistato molto favore anche nel centrodestra, certo. Tengo a sottolineare che io non sono uno che queste cose le condanna a prescindere: Matteo Renzi è un bravo politico e non ci sono dubbi che abbia personalità. Il suo programma è un misto della sua esperienza di amministratore e dell’apporto del liberismo in campo economico, e ha il vantaggio di essere chiaro e diretto nelle proposte e non fumoso come quello del suo segretario. Ma personalmente non credo alle sue idee. Il liberismo è stata la causa della crisi e non possiamo pensare ancora che la mancanza di vincoli alla finanza e il libero accesso ai capitali mondiali facciano bene al nostro paese. In più, per quanto il programma del sindaco sia attento a certi aspetti (soprattutto alla pubblica amministrazione), a mio parere manca l’obiettivo di convincere sul suo discorso sullo Stato. Renzi lo vuole semplice e piccolo, modellandosi sulla “tradizione Blairiana”. Non sa però che il modello del Labour di Blair viene rottamato dallo stesso partito Laburista di oggi in patria ed è visto da quasi tutti gli osservatori politici come la causa della difficile crisi in cui la Gran Bretagna si trova adesso. Qualcuno glielo spieghi, per favore. Una sua vittoria spaccherebbe sicuramente il PD in due, allontanerebbe SEL e Renzi si troverebbe sicuramente vincitore, ma in un mare in tempesta. E non si allontanerebbe dalle percentuali di oggi del PD (32%). Renzi mira a fare il pigliatutto: il suo programma (per quanti dei suoi elettori l’hanno letto, ovviamente: io non credo siano così tanti) ma soprattutto il suo personaggio è di fascino per l’elettore medio. E’ giovane, in rotta di collisione con l’establishment del partito e ha idee viste come “nuove”. Ma quello che probabilmente è sfuggito è stato che le sue proposte sono tutt’altro che innovatrici. Non a caso il sindaco di Firenze, ospite a Servizio Pubblico, alla domanda di Luisella Costamagna su cosa lo differenziasse a livello ideale e pratico dal D’Alema di quindici anni fa ha svicolato per cinque minuti buoni.
Ho già parlato del voto per Renzi come voto “contro”. La storia del voto di protesta ci accompagna da tempo, sia chiaro: e se Grillo è al 17% c’è sicuramente un perché, purtroppo. Le primarie dovevano essere e sono state raccontate come il trionfo del “credere” in un candidato, mentre io purtroppo ho visto poca partecipazione attiva e un voto dettato negli elettori da poche semplici ragioni: per Renzi il “rinnovamento”, per Bersani l’essere contro Renzi oppure perché è il segretario e “si vota sempre il segretario”. Magari mi sbaglio, chissà, ma io credo che noi di SEL ci siamo dimostrati la parte più vitale del centrosinistra e questo ci deve rendere fieri. La partecipazione è stata ampia, bella e davvero “partecipata”. Ma penso che chi abbia votato Vendola abbia scelto non solo una persona o quello che si vede in cinque minuti di TG1, ma ideali e valori. E quindi ho grandi speranze.
Nel frattempo, però, Domenica c’è il ballottaggio. Fra gli amici di SEL vedo due tendenze: c’è chi starà a casa e chi andrà a votare Bersani, naturalmente in mezzo agli indecisi. Non credo che si possa a cuor leggero votare Renzi se si è votato Vendola. I due rappresentano due modelli di sinistra (sempre se consideriamo Renzi di centrosinistra e non di centro e basta) e di politica in generale. Io dopo una lunga riflessione ho deciso di votare Pierluigi Bersani. Non mi fido troppo del suo recente passato come segretario ma voglio sperare che come candidato Premier si liberi del peso del suo establishment e proponga volti nuovi e una rinnovata spinta riformatrice che sotto sotto ha. In più, voglio credere al fatto che la carta d’Intenti sia la base per il nuovo governo del paese, e l’avversario del Segretario PD non si farebbe problemi a usarla come carta igienica. Ammetto che poi non ho simpatie per Renzi e in parte per i suoi sostenitori, e vederlo come candidato Premier del centrosinistra mi farebbe un po’ male al cuore.
Io capisco chi starà a casa Domenica, sia chiaro: ma ho fatto una scelta di campo, nonostante tutto. Fra un centro poco convincente e una sinistra moderata che può garantire un futuro alla coalizione. Vedremo come andrà.
Lorenzo